Negli ultimi anni si è assistito alla proliferazione di prodotti cosmetici etichettati come biologici e naturali, intendendo con ciò, secondo un’accezione molto diffusa benché impropria, prodotti “privi di ingredienti chimici, considerati più sicuri per la salute e per l’ambiente”.
In Italia sono approdati sul mercato in tempi piuttosto recenti, ma il loro boom è stato tale da far proiettare il nostro Paese al 4° posto in Europa per consumo di prodotti cosmetici cosiddetti bio.
Ma esattamente chi può dire se un prodotto è veramente biologico e/o naturale? Chi controlla che il processo di coltivazione degli ingredienti, di produzione del cosmetico e di distribuzione siano effettivamente rispondenti ad uno standard che ne certifichi il carattere di biologico o naturale?
La questione non è di poco conto, se si considera che ad oggi non esiste ancora per i cosmetici biologici una normativa di riferimento europea, come è invece per il cosmetico tradizionale, la cui filiera di produzione è inquadrata dal punto di vista legislativo dal Regolamento Europeo, è controllata costantemente dalle Commissioni Scientifiche dell’UE, che aggiornano continuamente l’elenco delle sostanze ammesse all’uso cosmetico, e, infine, è sottoposta a verifiche sul territorio dagli organismi nazionali, che controllano che le aziende si attengano alle procedure stabilite dall’Unione.
Come è noto, in Italia l’organismo preposto al controllo del rispetto delle leggi vigenti è il Ministero della Salute per quanto concerne la sicurezza dei cosmetici, mentre altre istituzioni, come l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), al cui sito rimandiamo per approfondimenti e notizie, si occupano di controllare la regolarità della commercializzazione e della veridicità dei messaggi pubblicitari dei prodotti cosmetici.
Nessuno riesce però ad intervenire efficacemente in un tale vuoto normativo, come è quello che riguarda i prodotti biologici. Nell’attesa che l’UE legiferi in materia, le aziende produttrici di prodotti biologico/naturali si attengono comunque ad alcuni standard, messi a punto nel corso del tempo da vari enti certificatori.
Sono nati così i due principali standard di riferimento in Europa: NATRUE (International Natural and Organic Cosmetics Association, appoggiato da CCPB, Bio.Inspecta, EcoControl) e COSMOS (Cosmetics Organic Standard, appoggiato dai seguenti enti certificatori; Ecocert, Cosmebio, Bdih, Soil Association, Bioforum e Icea).
Pur con le loro differenze, i due standard di riferimento principali hanno il comune obiettivo di stabilire delle regole certe a cui ogni azienda seria che operi nel settore deve attenersi per far sì che i propri prodotti possano fregiarsi a pieno titolo dell’aggettivazione di naturale e/o biologico.
I livelli di certificazione possono essere diversi: così, ad es., secondo le regole COSMOS e, a seconda dello standard applicato, si addiviene a due diversi ordini di certificazione: cosmetico biologico “Cosmos-Organic” e cosmetico naturale “Cosmos-Natural”.
Riguardo a NATRUE invece il percorso prevede tre tipologie di certificazione, che corrispondono al diverso livello di “naturalità” del cosmetico: una stella per cosmetici naturali, due stelle per cosmetici naturali con complementi biologici, tre stelle per cosmetici biologici.
A uno dei due standard occorre riferirsi se si vuole ottenere questo tipo di certificazione che prende in considerazione tutta la filiera cosmetica, dall’origine di ogni ingrediente alla produzione del finito.
Per le aziende che vogliono operare in un settore in così grande sviluppo, seppure ancora controverso e confuso, riferirsi a tali standard è senz’altro auspicabile perché, da un lato esse possono attingere ad un know-how già ampiamente collaudato, dall’altro possono ottenere una certificazione che ne migliora l’immagine e le rende più affidabili agli occhi dei consumatori.
Ma qual è il consumatore-tipo di un prodotto bio? Secondo le statistiche, al di là delle mode del momento, si tratta di un consumatore attento, istruito, sensibile alle tematiche ambientali e salutiste.
Per venire incontro alle esigenze di consumo etico da parte di crescenti fasce della popolazione, molte aziende si sono dotate di un vero e proprio Codice Etico di riferimento che coinvolge vari aspetti del sociale: ad es. rispetto dei diritti umani, rispetto ambientale, prodotto “equo-solidale”, etc.
Il consiglio è, ancora una volta, di scegliere leggendo con attenzione l’etichetta del prodotto, consapevoli che una certificazione di standard europeo come NATRUE o COSMOS rappresenta già una più ampiagaranzia di naturalità del prodotto e dei suoi ingredienti e di veridicità del claim del prodotto stesso.
Attenzione, però! Non è detto che il prodotto certificato sia poi totalmente naturale o biologico. A titolo di esemplificazione basti considerare che secondo lo standard COSMOS, gli ingredienti derivati da processi chimici (CPAI= Chemically Processed Agro Ingredients) possono comunque essere presenti in percentuali variabili, sebbene solo a condizione che derivino da materie prime biologiche, trattate secondo i principi della Green Chemistry, che prevede l’uso di risorse rinnovabili, divieto di derivati dal petrolio, etc.
Se a tutto ciò aggiungiamo che anche la cosmesi tradizionale, cosiddetta “di sintesi” basa ancora oggi le proprie formulazioni in buona parte su ingredienti naturali – acidi della frutta, olii essenziali, acidi grassi, ecc.- risulta davvero complicato scegliere un prodotto che sia davvero naturale e/o biologico.
Quanto ai risultati estetici, rispetto al cosmetico tradizionale, ancora oggi il prodotto “organic” presenta alcune criticità. Intanto in termini di dermo-compatibilità, poiché, nonostante si possegga ormai una ricca documentazione di sicurezza, alcuni aspetti inerenti la tollerabilità del prodotto sono ancora in via di perfezionamento. Riguardo alla sensorialità del prodotto, pure, il cosmetico tradizionale sembra essere ancora di grado superiore: difficile ritrovare la texture accattivante di un polimero acrilico in un prodotto naturale. Difficile altresì la conservazione dei prodotti naturali: si ricorre per lo più ad olii essenziali, possibili allergeni, o a conservanti a base alcolica che possono irritare le pelli più sensibili…Per non parlare dell’ambito della detersione, dove ancora si fa fatica a fare a meno della schiuma, difficilmente realizzabile senza l’uso di tensioattivi anionici.
Ciò non toglie che il campo di studi sia veramente vasto. La ricerca in quest’ambito non si ferma, anzi, sono sempre più numerose le aziende dermo-cosmetologiche che rivolgono parte della loro attività di studio ed ingenti investimenti all’ambito del naturale, ecosostenibilee biologico.
Con la volontà, ci auguriamo, di perseguire non solo un mero profitto economico, ma anche di rispondere alle esigenze di un consumatore sempre più attento al “green” ed alla tradizione, e sempre più refrattario agli “artifici sintetici”.