Evidenze sui cambiamenti stagionali della pelle: uno studio su filaggrina e texture della superficie cornea

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Sembra ormai accreditato che lo stato di benessere della pelle sia soggetto alla ciclicità delle stagioni. Anche se alcune di queste risultano più favorevoli ed altre meno al normale metabolismo della pelle, in realtà la questione è più complessa. Se non altro perché, a causa del cambiamento climatico, non è più così scontato dividere la popolazione per territorio e relativi fattori ambientali. L’altro elemento con cui ci si dovrà confrontare in modo sistematico è inoltre l’inquinamento atmosferico che non poco influisce (e sempre più minaccerà) la fisiologia cutanea.

È noto quanto le diverse stagioni devono essere approcciate dalla pelle in modo diverso, basti ricordare la protezione a barriera dai geli invernali e l’obbligo di protezione solare in estate. Ma non tutto si esaurisce così. Nei territori a clima temperato (Europa compresa) durante i mesi invernali l’epidermide è sottoposta a maggiori sollecitazioni e può soffrire di più: film idrolipidico e barriera protettiva devono essere supportati nel mettere in atto il loro meccanismo di difesa nei confronti delle rigide temperature; in primavera l’inizio di una maggiore esposizione all’ambiente esterno (attività in outdoor) determina i primi danni da UV ed espone maggiormente al contatto con potenziali allergeni; l’estate è la stagione dello stress cutaneo da fattori esterni (eritema da UV, irritazione da salsedine, cloro); l’autunno è il periodo della “riparazione” e della prevenzione del freddo che arriverà.

 

Questa ciclicità è però oggi alterata dagli stili di vita occidentali: sport e attività outdoor invernali, eccesive modifiche della temperatura e dell’umidità relativa negli ambienti chiusi (riscaldamento, climatizzatori), spostamenti e viaggi in luoghi molto diversi dal proprio territorio di appartenenza.

Nella pelle adulta normale, i livelli di prodotti di degradazione della filaggrina e il numero di quelle alterazioni della superficie cutanea definite “protrusioni corneocitarie” (nano-protrusioni) cambiano tra inverno ed estate sulle aree esposte agli agenti ambientali. Queste modifiche suggeriscono l’influenza non trascurabile dei fattori climatici a livello biochimico e ultrastrutturale.

Uno studio condotto da ricercatori di diversa estrazione e provenienza (autori danesi, olandesi, tedeschi e croati), pubblicato a marzo 2018 sul British Journal of Dermatology (1), ha avuto l’obiettivo di indagare sugli effetti della stagione invernale sui livelli del Fattore Naturale di Idratazione (Natural Moistuizing Factor – NMF) e sulla struttura superficiale dei corneociti delle guance e delle mani di adulti sani.

Secondo gli autori infatti durante l’inverno nei paesi nordici, il rischio di dermatiti è aumentato a causa della bassa temperatura e dell’umidità, in particolare delle aree più esposte alle intemperie (viso e mani). Inoltre, hanno affermato, recentemente un numero sempre maggiore di “nano-protrusioni” non meglio identificate sulla superficie dei corneociti, è stato associato a dermatiti e carenza di fattore naturale di idratazione (NMF).

Sono stati reclutati 80 soggetti volontari sani (40 di sesso maschile e 40 di sesso femminile), 40 più giovani di età compresa tra 18-40 anni (media 29,2 ± 4,4) e 40 più anziani di età ≥ 70 anni (media 76,7 ± 4,2).

I partecipanti non erano inclusi se avevano una storia di Dermatite Atopica (DA), psoriasi, malattie infiammatorie sistemiche, asma o rinite che richiedevano trattamento, gravidanza o allattamento.

Il primo campionamento è stato eseguito nell’inverno del 2016 (dal 18 gennaio all’11 febbraio). Il campionamento invece di follow-up è stato effettuato durante l’estate del 2016 (dal 7 giugno al 15 agosto).

Lo studio è stato completato all’80% (P=0,05), in modo idoneo per rilevare una differenza nei livelli NMF del 15% rispetto ai livelli di NMF di normali.

Lo strato corneo è stato prelevato attraverso la tecnica dello “stripping tape” (D-squame, CuDerm). Il nastro D-squame è stato applicato sulla pelle e tenuto premuto per 5 secondi con forza standardizzata (D500, D-Squame Pressure Instrument; CuDerm); è stato poi rimosso cinque volte consecutive ed i primi tre primi nastri sono stati scartati. Il nastro n. 4 è stato usato per l’analisi dell’NMF ed il nastro n. 5 per la verifica della tessitura superficiale dei corneociti. Per estrarre i componenti NMF [istidina, 2-pirrolidone-5-acido carbossilico e acido urocanico (UCA; isomeri trans e cis)], è stata aggiunta una soluzione di ammoniaca (500 μL al 25%) a ciascun prelievo, seguita da 2 ore di agitazione e successiva evaporazione. Ogni campione è stato analizzato mediante Cromatografia Liquida High-Performance (HPLC).

Per valutare l’alterazione su scala nanometrica dei corneociti è stata utilizzata la Microscopia a Forza Atomica (Atomic Force Microscopy – AFM), un tipo di Microscopia a Scansione di Sonda ad altissima risoluzione (Scanning Probe Microscopy – SPM). Il numero di “nano-protrusioni”” riscontrato è stato espresso come valore DTI (Dermal Texture Index).

Degli 80 soggetti iniziali, n. 6 (8%) sono stati esclusi e n.7 non hanno concluso lo studio, risultando in 67 partecipanti finali per entrambe le misurazioni (invernali ed estive). I valori medi di NMF e DTI per posizione anatomica, gruppo di età, sesso e possibili confondenti sono illustrati nei grafici 1 e 2.

Grafico 1:

Livelli totali di Fattore Naturale di Idratazione (NMF)

(mmol g-1 proteina) in base alla posizione anatomica e alla stagione, non per età o sesso. Per l’analisi statistica è stato utilizzato il t-test per dati appaiati

Grafico 2:

Dermal Texture Index (DTI) in base alla posizione anatomica ed alla stagione, non per età o sesso (n = 20). Per l’analisi statistica è stato utilizzato il t-test per dati appaiati (+ log trasformed).

I risultati hanno nel complesso dimostrato che i livelli NMF erano più bassi sulle guance rispetto alle mani sia durante l’inverno che durante l’estate. Tuttavia, questo dato è risultato significativo solo durante inverno. Per i valori di DTI, i livelli su guancia e mano erano simile durante l’inverno, mentre in estate si è rilevato più in alto per la mano (P = 0,020).

Inoltre i partecipanti più anziani avevano livelli di NMF più alti rispetto ai partecipanti più giovani. In estate, il valore di DTI dipendeva dall’esposizione ai raggi UV (su auto-dichiarazione dei soggetti). Per la mano, i livelli di NMF erano più elevati durante l’inverno che in estate, e le partecipanti di sesso femminile avevano in generale livelli di NMF più alti rispetto ai soggetti di sesso maschile.

È noto che le basse temperature e consistenti variazioni nell’umidità relativa, nonché l’irradiazione UVB ad alte dosi, compromettono la funzionalità della barriera cutanea e facilitano l’insorgenza o il peggioramento della xerosi. Ovviamente le zone maggiormente esposte, come viso e mani, sono più coinvolte in questo processo. Secondo lo studio condotto l’epidermide con ridotti livelli di prodotti di degradazione della filaggrina presenta corneociti con un numero maggiore di “nano-protrusioni”.

Si possono quindi trarre conclusioni, sicuramente da confermare con ulteriori ricerche, sul perché molti soggetti riferiscono di riacutizzazioni dell’eczema e della pelle secca in inverno. Sia i bambini che gli adulti soffrono ad esempio di “arrossamento” delle guance al freddo (specie alle latitudini settentrionali) ed alcuni tra questi tendono a sviluppare patologie cutanee permanenti come la Dermatite Atopica e la rosacea.

(1) K.A. Engebretsen, S. Kezic, C. Riethmüller, J. Franz, I. Jakasa, A. Hedengran, A. Linneberg, J.D. Johansen, J.P. Thyssen: “Changes in filaggrin degradation products and corneocyte surface texture by season.” Br J Dermatol. 2018 Mar 7

Link all’articolo: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/bjd.16150

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Author: Gigas_aideco