L’ambiente in cui viviamo è necessariamente sottoposto a rischi e danni in ogni contesto: aria, acqua, suolo. Tutti abbiamo il dovere di difenderlo, specie quando la causa è proprio “l’uomo” con la sua ingombrante presenza e le sue discutibili attività.
In particolare le plastiche (macro e micro) rappresentano da molto tempo una grave minaccia per il biosistema marino.
Ridurre velocemente la quantità di questi rifiuti inorganici è quindi una battaglia necessaria. “Un mare di plastica” è pericoloso non solo per la vita del mare, ma anche per quella degli esseri umani. Se non si agisce quindi per rispetto della natura, che si agisca per la salute dell’uomo.
In particolare le zone già individuate ad alta concentrazione del “blob” di microplastiche (MP) sono numerose: si generano infatti dall’incontro tra correnti, venti ed altre variabili oceaniche perché, mentre i rifiuti biodegradabili si “autodistruggono” più o meno lentamente, a seconda delle caratteristiche del materiale, quelli non biodegradabili, come le MP, rimangono intatte per periodi di tempo lunghissimi, anche impensabili. La loro dimensione (le MP sono definite come “più piccole di 5 mm”) rende ancora più complicata la questione: vengono infatti facilmente ingerite dalle specie acquatiche e possono trasferire sostanze (anche nocive) da e verso l’ecosistema di fiumi, laghi e mari.
La permanenza di queste particelle plastiche, peraltro in condizione di galleggiamento simile a quello del plancton, ne induce l’ingestione da parte degli animali marini, con le ovvie conseguenze del caso compresa la comparsa di questi materiali nella catena alimentare umana…
La maggior parte dell’inquinamento marino di plastica, deriva dai grandi rifiuti e pezzi di detriti, come ci dimostra la drammatica situazione legata a bottiglie, sacchetti, attrezzatura da pesca e numerosi altri “oggetti di plastica” non correttamente smaltiti. Ora però la presenza incombente di plastica, in termini di quantità si è trasformata in MP, risultato sia della trasformazione dei grandi oggetti sia dell’immissione volontaria di MP nei manufatti.
Ad esempio, molti studi hanno ben identificato le MP in sali da cucina in commercio, tanto che si ritiene che tale tipo di prodotto possa diventare un importante “indicatore” di inquinamento da MP nell’ambiente circostante. In uno di questi lavori [“Global Pattern of Microplastics (MPs) in Commercial Food-Grade Salts: Sea Salt as an Indicator of Seawater MP Pollution”, Ji-Su Kim et al., Environ. Sci. Technol., 2018,52 (21), 12819-12828], sono stati esaminati un totale di 39 marchi di sale diversi, prodotti in siti geo-spazialmente diversi, tra cui 28 provenienti da 16 paesi/regioni del globo terrestre. È stata rilevata un’ampia gamma di quantità di MP (in numero di MP per kg di sale n/kg). Tra questi un contenuto di MP relativamente elevato è stato identificato nei sali marini prodotti nella regione asiatica. I materiali particellari riscontrati nel sale da cucina includono poliesteri, polietilene tereftalato, poliammide, polietilene e polistirene.
Come precedentemente accennato, le micro-particelle di plastica derivano dalla costante degradazione delle materie che compongono o contengono in funzione di packaging alcuni prodotti molto utilizzati, tra cui anche i prodotti cosmetici. Ma va qui considerato che la presenza di MP causata dalla cosmetica contribuiscono al grave problema di inquinamento in entità decisamente inferiore e limitata rispetto a ben altre categorie di prodotti di consumo. Dato non ancora certo, ma secondo alcuni studi si ritiene che le MP contenute nei prodotti cosmetici rappresentino una quota compresa tra lo 0,01% e il 4,1% delle totali che si riversano nei mari, secondo altri invece in una percentuale compresa tra lo 0,01% e l’1,5% sul totale delle fonti.
Dunque le MP aggiunte intenzionalmente nei prodotti cosmetici sembrano rappresentare una parte relativamente ridotta di tutte le MP presenti nei mari.
In tutti i casi appare indispensabile proseguire gli studi (seri-validi-affidabili) per comprendere meglio l’entità del fenomeno ed agire velocemente per ridurre l’impatto ambientale da MP.
Il comparto dell’industria cosmetica è consapevole del problema e per questo già da tempo, di concerto con le istituzioni europee e nazionali, ha preventivato l’abbandono dell’utilizzo delle MP nei propri formulati (sopratutto presenti negli scrub e nei dentifrici).
A conferma di questo, già ad ottobre 2015, Cosmetics Europe (l’associazione europea delle industrie cosmetiche) ha raccomandato ai suoi associati di sospendere entro il 2020 l’impiego delle MP solide e non biodegradabili nell’ambiente marino generalmente usate come agenti esfolianti e detergenti nei cosmetici a risciacquo.
Negli Stati Uniti e Canada sono stati introdotti divieti di utilizzo delle MP in specifici prodotti “personal care“. Diversi Stati membri UE hanno inoltre notificato alla Commissione progetti di legge, per vietare le microplastiche in determinati prodotti cosmetici. Il Consiglio ha invitato la Commissione ad adottare misure per la MP, sopratutto per quella presente nei cosmetici e nei detergenti.
A dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato un piano d’azione in cui ha individuato la plastica come priorità chiave e si è impegnata ad elaborare “una strategia per affrontare le sfide poste dalle materie plastiche in tutte le fasi della catena del valore e tenere conto del loro intero ciclo di vita”. Nel 2017 ha confermato la sua intenzione di concertarsi sulla produzione e l’uso della plastica e di adoperarsi verso il conseguimento dell’obiettivo della riciclabilità di tutti gli imballaggi di plastica entro il 2030.
Nonostante la plastica sia un materiale importante e onnipresente nella nostra economia e nella nostra vita quotidiana, il modo in cui questa risorsa è stata utilizzata (eccesso di produzione e scorretto smaltimento) ha danneggiato il nostro ambiente, il nostro pianeta. È quindi ormai più che urgente e necessario affrontare questo grave problema che affligge i nostri mari e che mette nel contempo a rischio la nostra salute.
La chiarezza su questi temi è fondamentale.
Soprattutto i cosumatori devono essere in grado di operare scelte consapevoli, per la tutela della loro salute, del loro ambiente, delle loro scelte etiche…per una migliore selezione dei propri acquisti. Valutare e comprendere la presenza o l’assenza delle MP nei prodotti di consumo è possibile. La denominazione INCI (International Nomenclature Cosmetic Ingredients), linguaggio europeo di indicazione obbligatoria in etichetta dell’elenco ingredienti che compongono un prodotto cosmetico, è uno strumento non così complesso come spesso viene considerato.
Ad esempio, di seguito viene riportato un elenco di sostanze identificabili come MP, così come rintracciate nel sale da cucina negli studi sopra citati ed inteso come importante “indicatore” di inquinamento da MP nell’ambiente marino, utilizzate anche nel prodotto cosmetico, almeno fino a quando la normativa europea e/o nazionale ne consentirà l’utilizzo:
- POLYESTER (…) (VARIE FUNZIONI)
- POLYBUTYLENE TEREPHTALATE (FILMOGENO,ADDITIVO REOLOGICO)
- POLYAMIDE (…) (VARIE FUNZIONI)
- POLYETHYLENE (ABRASIVO, FILMOGENO, ADDITIVO REOLOGICO)
- POLYSTYRENE (FILMOGENO)