Recenti studi sugli uomini hanno dimostrato che la caffeina, un alcaloide xantinico con molteplici effetti sulla fisiologia umana, è in grado di contrastare la caduta dei capelli tramite diversi meccanismi d’azione. Grazie alla sua capacità di penetrazione attraverso la barriera cutanea, l’utilizzo per via topica sembra essere la via più indicata.
L’alopecia androgenetica, infatti, è la forma più comune di perdita di capelli che consiste in una caratteristica stempiatura frontale negli uomini e in un diradamento di uso dei capelli nelle donne, con ritenzione della linea frontale, e può avere un forte impatto sulla qualità di vita dell’individuo. «In occasione del 13° congresso nazionale Aideco» che si è recentemente svolto a Roma «vengono presentati per la prima volta i risultati di due studi monocentrici, randomizzati, controllati con placebo, in doppio cieco, a gruppi paralleli, in vivo, con il trattamento combinato che ha coinvolto due gruppi di uomini sani con perdita di capelli di tipo maschile o diradamento dei capelli, a etti quindi da alopecia androgenetica» spiega Leonardo Celleno, dermatologo e presidente Aideco.
La prima ricerca si basa sull’utilizzo di una lozione tonica a base di caffeina con 2 mg/ml di caffeina e 5 mg/ml di sodio dimetilglicinato, mentre il secondo studio sull’impiego di uno shampoo a base di caffeina 10 mg/ml e 10 mg/ml di sodio dimetilglicinato. Entrambe le pubblicazioni hanno dato risultati molto positivi in termini di resistenza alla trazione valutata con il pull-test, numero e densità dei peli e altri elementi valutati con il fototricogramma, come l’aumento dei peli in fase anagen e la diminuzione di quelli in fase telogen.
La valutazione dermatologica sulla forza dei capelli e sulla progressione della calvizie ha confermato i risultati strumentali, e l’autovalutazione dei soggetti coinvolti ha mostrato una buona soddisfazione per i risultati ottenuti sia con la lozione che con lo shampoo contenenti la combinazione attiva.
Le proprietà cosmetiche dei due prodotti testati e la tollerabilità sono state valutate molto positivamente in entrambi gli studi.
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