Il problema del nichel e le allergie cosmetiche
Sebbene sia ormai noto che il nichel non è un ingrediente cosmetico e che il suo riscontro in un prodotto sia ormai da ritenersi puramente accidentale od occasionale, esso è ancora un allergene ‘misterioso’, che interessa molto l’opinione pubblica. Per fare il punto su questa sostanza e sulle allergie cosmetiche in generale, abbiamo incontrato il Prof. Domenico Schiavino, Direttore del Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli di Roma, per parlare con lui dei fenomeni di sensibilizzazione e delle reazioni allergiche da contatto più comuni.
D. Professor Schiavino quali sono le reazioni avverse più comuni in ambito allergologico?
R. Le reazioni avverse più comuni in ambito allergologico sono quelle di tipo respiratorio (pollini, acari della polvere), quelle agli alimenti, quelle ai farmaci e le dermatiti allergiche da contatto (DAC). Queste ultime si manifestano con forme eczematose ovvero dermatiti pruriginose con cute arrossata e lesioni vescicolo-crostose. Responsabile più frequente delle DAC è certamente il nichel, presente nei metalli non nobili ma anche in molti alimenti (vegetali soprattutto).
D. Quella al nichel è un’allergia molto diffusa?
R. Il nichel è il maggior responsabile di DAC nel mondo. Rappresenta 1/3 di tutte le patologie cutanee, con una prevalenza che varia dal 6 al 10% della popolazione generale. In Europa la prevalenza stimata delle DAC è del 20%; di questa quota il 20% sembra dovuta all’allergia al nichel ( studi italiani mostrano percentuali di DAC da nichel di oltre il 30% nel sesso femminile). Negli annipassati si è visto che i sintomi non riguardavano soltanto la classica dermatite da contatto, ma alcuni pazienti presentavano disturbi sistemici, sostanzialmente di due tipi: da un lato di tipo cutaneo con eczema disseminato o con orticaria cronica, non solo limitati all’area a contatto con il metallo, e dall’altro di tipo gastro-intestinale. L’indagine diagnostica svelava spesso solo una vivace positività al nichel. Approfondendo ulteriormente gli studi nel campo dell’alimentazione si veniva via via svelando un ampio panorama di alimenti che presentavano alte concentrazioni di nichel. Gli studi hanno portato progressivamente a consigliare nei soggetti con sospetta allergia sistemica al nichel di evitare gli alimenti che contenessero più di 50 µg di nichel per grammo di alimento, al fine di ridurre la sintomatologia sistemica e migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da SNAS (Sindrome da Allergia Sistemica al Nichel). Questi pazienti rappresentano una percentuale piuttosto significativa, (superiore 10% ) del totale dei pazienti allergici al nichel.
D. Come si fa a sapere se si è allergici al nichel?
R. L’iter diagnostico è ormai standardizzato. Per prima cosa occorre sottoporsi a patch – test, presso un centro di allergologia. Se questo risulta positivo, occorre sottoporsi per un certo periodo ad un regime alimentare povero di nichel. Se questa dieta porta significativi benefici alla sintomatologia del paziente, egli deve essere sottoposto a test di provocazione con il nichel solfato per via orale : se questo test risulta positivo si può fare diagnosi di SNAS. Alla fine dell’iter diagnostico si può prescrivere un trattamento iposensibilizzante specifico. L’indicazione al trattamento desensibilizzante nasce dal fatto che è opportuno evitare di fare una dieta a basso contenuto di nichel per un periodo troppo lungo.Questo perché, ed è importante sottolinearlo, anche il nichel ha una sua funzione nell’organismo, che è quella di consentire l’assorbimento del ferro. Una sua eliminazione definitiva comprometterebbe un equilibrio già spesso precario, soprattutto nelle donne, affette spesso da iposideremia.
D. La vaccinazione aiuta il soggetto a guarire dai sintomi?
R. La desensibilizzazione, già nota ed applicata nelle Allergie di I tipo, come quelle respiratorie ad es., non era mai stata considerata per quelle di IV tipo, cui l’allergia da nichel appartiene, per le quali il rischio di non avere alcun giovamento era piuttosto alto. Ma, nonostante la iniziale carenza di studi e di sperimentazioni in questo campo, la nostra scommessa oggi può dirsi vinta e abbiamo un protocollo di desensibilizzazione al nichel efficace e risolutivo del problema in oltre il 70% dei pazienti trattati, nei quali è consentito il reinserimento graduale nella dieta di tutti gli alimenti precedentemente vietati.
D. Il protocollo di desensibilizzazione funziona sempre?
R. Bisogna specificare che anche la desensibilizzazione in alcuni casi minoritari può non essere efficace e i sintomi potrebbero persistere. Ciò potrebbe essere dovuto essenzialmente a due diverse cause: o il nichel non è l’unica sostanza che genera una reazione allergica nel paziente, oppure il sistema immunitario del paziente non reagisce come sperato.
D. A proposito dei prodotti cosmetici, possono contenere nichel e causare reazioni di sensibilizzazione nei soggetti allergici?
R. I prodotti cosmetici di per sé non contengono nichel. Una presenza di nichel potrebbe essere riscontrata nei contenitori, sebbene ormai molte aziende produttrici dedichino grande attenzione a che la produzione, la conservazione ed in ultimo il packaging dei prodotti sia privo di contaminazioni da nichel. Quindi tendenzialmente la dicitura “Nickel Free” riportata in etichetta può essere considerata veritiera, almeno per i prodotti di aziende note e distribuite attraverso i canali regolari.
D. C’è, secondo lei, una prevalenza di alcune tipologie di ingredienti ad uso cosmetico con maggiore potenziale allergenico?
R. Insieme alle aziende produttrici ci è capitato di identificare le sostanze con maggiore potenziale allergizzante. Naturalmente la parte del leone la fanno i profumi che, come noto, sono le sostanze che creano maggiori problemi di sensibilizzazione.Sebbene l’individuazione di alcune di queste fragranze – ad oggi 26 sostanze allergizzanti, la cui presenza deve essere segnalata per legge in etichetta – renda possibile al consumatore allergico di riconoscerle prima dell’acquisto, esiste una moltitudine di altri potenziali allergeni nella stessa categoria. Sono soprattutto di origine vegetale, questo va ricordato per mettere in guardia chi pensa che “green” sia sinonimo di anallergico. Tra le sostanze che abbiamo avuto modo di testare, quelle che sono risultate positive ai test di sensibilizzazione sono, per citarne alcune, Alcole cinnamilico, Aldeide cinnamica, Eugenolo, Aldeide alfa-amilcinnamica, Idrossicitronellale, Geraniolo, Isogeunolo, Muschio di quercia assoluto, Sorbitan sesquioleato. Reazioni di positività derivano anche da alcune resine, come Vanillina, Abitolo, Acido Abietico, Balsamo del Tolù. Ma i dati riportano comunque incidenze molto basse di reazioni allergiche, nell’ordine dell’1‰ del totale dei soggetti studiati.
D.Bisogna fare particolare attenzione quando ci si espone al sole?
R. Intanto occorre evitare di esporsi al sole quando si utilizzano pomate antistaminiche. Spesso sono proprio alcuni componenti di questi farmaci che danno luogo a reazioni di foto-sensibilizzazione. È necessario dunque avere particolari accortezze quando si soffre di allergie e quando si tenta di curarle.
D. In generale cosa possiamo aspettarci dalla ricerca scientifica in ambito allergologico?
R. la ricerca ha fatto e continua a fare passi da gigante nel campo dell’individuazione di nuovi allergeni e nell’ambito delle cure mediche delle sensibilizzazioni. Ciò che possiamo auspicare è una sempre maggiore collaborazione e sinergia tra l’Allergologia, la Dermatologia e la Cosmetologia, per tutelare la salute di pazienti e consumatori.