L’anno scorso è stata una delle novità principali al Cosmoprof di Bologna, che per la prima volta ha ospitato il progetto ‘Halal Cosmetics: from production to sales’, un intero padiglione dedicato alla cosmesi naturale di prodotti certificati halal, ossia quelli ‘leciti’ per la religione islamica.
Ma sono anni che il mercato dei cosmetici halal (in arabo il termine significa ‘lecito’ e indica tutto quello che è permesso secondo l’Islam, dal comportamento, all’abbigliamento, alla condotta, fino alle norme in materia di alimentazione) sembra premere sul pedale dell’acceleratore.
Negli ultimi anni, il termine ‘halal’ ha infatti abbracciato l’universo della cosmesi, con prodotti pensati soprattutto il credente islamico che anche per la cura del corpo intende rispettare i precetti del Corano. Dalle creme per il viso al fondotinta, fino allo shampoo per capelli, ai profumi e al rossetto: il giro d’affari che ruota attorno ai cosmetici leciti per la religione di Maometto ha numeri da capogiro, con un incremento mondiale di consumo che va dal 12 al 19-20%, come spiega il presidente di Aideco, Leonardo Celleno, all’Adnkronos.
Prescrizioni che non riguardano solo gli ingredienti “E’ tutta la filiera che deve essere ‘halal’ – dice il presidente di Aideco – dal packaging alle norme etiche, ma anche igieniche, tutto deve rispettare la legge e la dottrina stessa dell’Islam. Una certificazione che va passa per il controllo del prodotto e inizia dalle fasi di approvvigionamento delle materie prime, per passare ai processi di trasformazione, trasporto e stoccaggio del prodotto halal”.
Questi cosmetici vengono utilizzati nel Medio Oriente, ma sono distribuiti e utilizzati in tutto il mondo. Al primo posto tra i paesi trainanti nel mercato della cosmesi halal spiccano Indonesia e Malesia. “Vengono utilizzati molto in Indonesia, dagli arabi della Malesia, del Singapore – chiosa Celleno – è lì che si verifica il consumo maggiore di questi prodotti”. Un mercato che non risparmia l’Europa, e in particolare Francia e Gran Bretagna: “Francia e Gran Bretagna, due paesi che hanno una forte percentuale di popolazione musulmana – spiega Celleno – possono essere quote rappresentative di consumo”.
In Italia invece, la richiesta è più modesta “Meno che da altre parti – ammette Celleno – almeno nei mercati ufficiali. Poi ci possono essere delle eccezioni. Questi prodotti possono venire da altri tipi di importazione, ma il fenomeno halal è comunque meno diffuso in Italia rispetto a Francia e Gran Bretagna”. Non si tratta, tuttavia, di cosmetici pensati esclusivamente per una clientela islamica. Uno degli aspetti che affascina il consumatore dei confronti del cosmetico halal è proprio la sua ‘ricetta’.
“Il target in realtà è un po’ più ampio e diffuso – sottolinea il presidente di Aideco – perché coincide, ad esempio, con la filosofia del ‘cruelty free’ e della materia naturale non chimica. Molte persone sono affascinate da come il cosmetico halal è fatto e certificato: non contiene parti d’animale, non contiene sangue o alcol, quindi molto spesso i consumatori non musulmani si sentono protetti da questa filosofia. La cosmesi halal si rivolge anche al consumatore attento all’ambiente, a ciò che mangia, a chi cerca una sorta di purezza anche nel cosmetico”.
Quanto al tipo di prodotto, quelli più richiesti sono i cosmetici per la donna, dai saponi per il corpo ai rossetti. “C’è una forte richiesta – dice Celleno – che va dalla crema idratante al prodotto di make up e abbellimento, dal sapone allo shampoo, e che concerne una vasta quantità di prodotti per l’uso quotidiano”. Impressionante anche il giro d’affari che ruota attorno ai cosmetici halal: “Abbiamo dei dati a partire dal 2010 – conclude il presidente di Aideco – In quell’anno si è sfiorata la soglia dei due miliardi di dollari, ma se parliamo di un mercato globale si può affermare che stiamo arrivando a toccare cifre davvero importanti, che sfiorano i duemila miliardi di dollari. In Europa, invece, il valore è più modesto e si aggira attorno ai 70 miliardi circa”.
Fonte: adnkronos