Prima degli otto anni la loro pelle non è in grado di difendersi dai raggi. Che generano danni con serie conseguenze in età adulta. Tra protezioni e cappellini ecco cosa fare per garantire al piccolo i benefici del sole senza rischiare. E’ questo uno degli argomenti che verranno affrontati sul numero di Salute in edicola domani 10 maggio
PROTEZIONE 15, 30 o 50? Schermo fisico o schermo chimico? E ancora: quanta crema solare mettere, e quanto spesso? È la domanda evergreen di stagione. Ma sono ancora in pochi a saper rispondere. La maggior parte degli italiani sa che ci sono dei pericoli legati a una scorretta esposizione al sole, ma poi non sa ancora bene come proteggere soprattutto i bambini. Lo indica un’indagine svolta da Ipsos per la Società Italiana di Dermatologia e Cosmetologia (Aideco): il 92 percento del campione dichiara di conoscere il rapporto diretto tra scottature dell’infanzia e rischio di melanoma, e il 98 per cento dei consapevoli utilizza creme solari per proteggere la pelle dei figli. Ma quando si passa a come utilizzare le protezioni cominciano i dubbi.
L’indagine. Solo un intervistato su 10 conosce la differenza tra creme solari a schermo fisico (raccomandate per i bambini perché più protettive e meno irritanti) e a schermo chimico. E anche saperlo di rado si traduce in un comportamento virtuoso: solo un genitore su quattro tra quelli che conoscono le differenze utilizza infatti gli schermi fisici per i propri figli. Più di metà degli intervistati non sa quale sia il proprio fototipo, fondamentale per scegliere il fattore di protezione più adatto, e solo 5 genitori su 10 hanno chiesto consigli a un dermatologo sulla correttprevenzione. Proviamo allora a mettere qualche punto per godersi e trarre i benefici del solleone senza correre rischi. Perché, sottolinea Leonardo Celleno, dermatologo dell’Università Cattolica di Roma e presidente di Aideco, «il sole ha degli effetti benefici: mezzora, un’ora al giorno fa bene alla salute e all’umore. Per affrontarlo in sicurezza servono protezioni adeguate, e informazioni corrette». Per questo Aideco lancia Sole sicuro, una campagna che punta a educare i ragazzi delle medie a un corretto rapporto con il sole.
Le domande dei genitori. Ma gli interrogativi dei genitori cominciano ben prima. E per fortuna, perché è nella prima infanzia che si possono fare i danni peggiori. Prima dei sei mesi, spiegano gli esperti, un neonato non dovrebbemai essere esposto direttamente, e almeno fino ai due anni il tempo trascorso al sole va limitato, magari per fare il bagno: sempre la protezione 50 su tutte le zone esposte e meglio se con cappello, occhiali, maglietta. “Questo perché la produzione di melanina migliora con l’età, e prima degli 8/10 anni la pelle dei bambini non è in grado di difendersi dai raggi ultravioletti come quella degli adulti”, chiarisce Maurizio Paradisi, consulente dermatologo del Campus Biomedico ed esperto di dermatologia pediatrica.
Gli orari. Dopo i due anni i bambini possono quindi iniziare a trascorrere del tempo sotto i raggi, rispettando una serie di regole di buona condotta. Per prima cosa, il timing: l’esposizione diretta va evitata dalle 11 alle 16, quanto la potenza dei raggi Uvb è massima. Durante il resto della giornata possono stare al sole, ma sempre protetti da una crema solare a schermo fisico, che non contenga profumi o altri possibili allergeni. Il fattore di protezione deve essere 50 per le prime esposizioni, e può poi diminuire fino a 30 nelle settimane successive per i bambini dei fototipi più scuri. Se possibile, bisogna scegliere creme che non indichino solo il fattore di protezione dai raggi Uvb, ma anche quello per i raggi Uva, che deve essere pari almeno ad un terzo di quello Uvb. La crema, aggiunge Paradisi, va applicata anche se i bambini stanno sotto l’ombrellone, perché il riverbero dei raggi solari sull’acqua e sulla sabbia è altrettanto dannoso per la loro pelle.