I PARTE
Il mondo del biologico oggi non si limita più solo ai prodotti agroalimentari, ma quello del “bio” è diventato un vero e proprio “stile di vita” che si estende a molteplici ambiti di consumo e mercato, in un’ottica di attenzione alla salute dell’uomo, sostenibilità ambientale, rispetto nei confronti della natura.
Questa filosofia di vita si sta estendendo anche nella cura del proprio corpo. Ma cosa spinge il consumatore all’acquisto di un cosmetico “bio”? Probabilmente si associa l’immagine di “prodotto naturale” a determinate caratteristiche.
L’utente infatti lo considera più sicuro perché pensa sia esente da sostanze chimiche dannose, non abbia controindicazioni rispetto a quello tradizionale e sia più rispettoso dell’ambiente.
Molti prodotti cosmetici sono decantati come “naturali” o “bio”, ma a volte contengono solo minime quantità di sostanze ben identificabili in tal senso. Il rischio è quindi che il consumatore non abbia abbastanza chiara la distinzione tra un cosmetico naturale e quello bio. Le aziende operanti in questo settore rispondono a richieste specifiche di un preciso target di consumatori attenti, utilizzando sostanze di origine naturale (vegetali, animali e minerali) per i loro prodotti. Le definizioni di “Cosmetico naturale”, “fitocosmetico”, “cosmetico biologico”, fanno parte di una serie di prodotti proposti dall’industria cosmetica che si sta “tingendo” sempre più di verde, tendenza confermata anche dai dati dell’UNIPRO, associazione italiana delle aziende cosmetiche. Nel 2010 infatti il valore delle vendite di cosmetici nelle erboristerie è stato di 365 milioni di euro,con un tasso di crescita del 5,5%. Ricordiamo che questo canale di vendita copre quasi il 4% del mercato cosmetico italiano. Ciò e’ spiegato dal fatto che il consumatore preferisce affidarsi a canali di vendita assistititi e specializzati,dove il concetto di “sano e naturale” è alla base della loro professionalità. Ma la vendita di cosmetici naturali non riguarda solo le erboristerie ma si è allargata negli ultimi anni anche a farmacie, profumerie e alla grande distribuzione.
Molti prodotti cosmetici sono decantati come “naturali” o “bio”, ma a volte contengono solo minime quantità di sostanze ben identificabili in tal senso. Il rischio è quindi che il consumatore non abbia abbastanza chiara la distinzione tra un cosmetico naturale e quello bio. Le aziende operanti in questo settore rispondono a richieste specifiche di un preciso target di consumatori attenti, utilizzando sostanze di origine naturale (vegetali, animali e minerali) per i loro prodotti. Le definizioni di “Cosmetico naturale”, “fitocosmetico”, “cosmetico biologico”, fanno parte di una serie di prodotti proposti dall’industria cosmetica che si sta “tingendo” sempre più di verde, tendenza confermata anche dai dati dell’UNIPRO, associazione italiana delle aziende cosmetiche. Nel 2010 infatti il valore delle vendite di cosmetici nelle erboristerie è stato di 365 milioni di euro,con un tasso di crescita del 5,5%. Ricordiamo che questo canale di vendita copre quasi il 4% del mercato cosmetico italiano. Ciò e’ spiegato dal fatto che il consumatore preferisce affidarsi a canali di vendita assistititi e specializzati,dove il concetto di “sano e naturale” è alla base della loro professionalità. Ma la vendita di cosmetici naturali non riguarda solo le erboristerie ma si è allargata negli ultimi anni anche a farmacie, profumerie e alla grande distribuzione.
Ma quali sono quindi gli strumenti a disposizione dell’utente per capire cosa sta acquistando per avere una effettiva garanzia che ciò che ha comprato sia davvero “bio”?Sicuramente un’attenta lettura dell’etichetta rappresenta uno strumento importante per identificare con certezza le caratteristiche del prodotto. La Commissione Europea viene incontro a questa esigenza dei consumatori: infatti il nuovo regolamento sui cosmetici, che entrerà in tutte le sue parti in vigore da luglio 2013, ha lo scopo di rafforzare e chiarire le attuali norme sulla sicurezza dei prodotti. Per l’etichetta, ad esempio, non potranno essere impiegate diciture, denominazioni, marchi, immagini o altri segni, figurativi o meno, “che attribuiscano ai prodotti stessi caratteristiche o funzioni che non possiedono”. Un altro strumento importante per un acquisto consapevole di un prodotto cosmetico è la “certificazione”, che permette al consumatore di avere ulteriori garanzie. Purtroppo però, a differenza del settore agroalimentare, non vi è una legislazione univoca in tal senso, ma la certificazione è affidata ad enti privati, ognuno dei quali ha dettato degli standard propri per arrivare all’ottenimento di un prodotto di qualità. Nell’attesa che venga varato un regolamento ufficiale, è l’azienda che decide di certificarsi volontariamente. A livello internazionale sono molti gli enti certificatori che hanno ideato nuovi standard, ognuno dei quali contraddistinto dal suo marchio. Nel tempo tutto ciò ha creato nel consumatore una evidente confusione che lo ha limitato nella sua libera scelta all’acquisto. La continua proliferazione di sigilli e loghi ha causato molte divisioni in un settore già frammentato come quello della “cosmesi naturale” rendendo difficile ai consumatori la comprensione di quanto un prodotto certificato sia davvero più “bio” rispetto agli altri. In Europa, per risolvere la questione legata alla frammentazione dei disciplinari, molti enti di certificazione stanno cercando di creare uno standard comune e definitivo.
L’impegno è di riavvicinare i capitolati di ogni singolo ente, cercando di stabilire dei nuovi criteri di certificazione in base alle percentuali di ingredienti biologici contenuti nel prodotto finito, creando una lista positiva di materie prime e stabilendo una comune terminologia per distinguere i cosmetici biologici da quelli naturali. I risultati di questo lavoro si sono concretizzati in due grandi certificazioni europee: Cosmos e NaTrue. Tratto da: TESI DI LAUREA IN SCIENZE E TECNOLOGIE COSMETOLOGICHE CANDIDATO S. DI COCCO (A.A 2010-2011)